Thursday 26 April 2007

Notti






Ci sono notti che sembrano durare un attimo, quelle di studio che personalmente non ho mai affrontato, quando sei con l'acqua alla gola e, nel racconto di chi vi si è impattato, i minuti trascorrono come se fossero schegge impazzite.
Ci sono notti lunghissime, quasi infinite, costellate come sono di birre e whisky e magari film iniziati tardissimo, oppure passate a montare un filmino che sai benissimo non essere l'ultimo; e sono quelle notti in cui non succede niente, e il tempo semplicemente non passa.
E poi ci sono le notti che durano due anni e migliaia di chilometri, e sono quelle notti in cui hai dovuto lottare contro il blocco del traffico, quelle notti in cui non riesci a trovare un posto che in realtà sai benissimo dove si trova, quelle notti in cui le regole non esistono e se esistono sono state riscritte qualche attimo prima. Sono le notti fredde e buie fatte di musica in sottofondo per non disturbare e poi sparata altissima dalle casse, le notti di vino rosso e balconi sulle viette di città, quelle notti in cui vengono spostati i materassi e si conoscono nuove persone, e le notti passate a guardare qualche fotografia un po' consumata dagli anni trascorsi. Sono le notti che si mischiano con il giorno fino a creare confusione, le notti in cui what you fear the most could meet you halfway, le notti in cui le contraddizioni possono esplodere su una pista da ballo; le notti davanti a un cancello senza più voce, e le notti dei pesci di plastica e delle vittorie contro la Napoli di Allen e Penberthy. Quelle notti con un mal di testa spaventoso e una lista di film, quelle notti di domande maliziose e di luci distanti, quelle notti di strade che puzzano di marcio. Sono le lunghe notti senza fine dopo Italia-Danimarca, le notti dei canarini che giocano a tennis, le notti di una cena di compleanno tirata su in dieci minuti. Le notti su e giù da un palco, quelle notti di sogni assurdi che fanno urlare dal ridere, le notti di sangria a fiumi, le lunghe notti con la paura che la macchina si fermi. Che notti. Le notti che i Radiohead non possano essere definiti banali, le notti in cui siamo tutti un po' codardi, le notti improbabili con i gladiatori romani; quando bisognerebbe avere le chiavi dell'appartamento, quando i cessi sono invasi dalle mosche, quando stabilisci certi record clamorosi e tutto nasce da un Chupa Chups. Non sono notti brave, non possono esserlo, se c'è And then there was silence a scandirne la progressione e si ha la nausea. Che notti brave saranno mai, quando gli spagnoli prima si picchiano e poi cantano e ballano? Notti di tovagliette di carta e borsoni blu, ma anche di ricchioni in pizzeria e immigrati dappertutto. Le notti da trentanove di febbre e due minuti di delirio. Le notti che iniziavano e finivano nello stesso momento, alle cinque del mattino. Insomma, quelle notti di anni e chilometri. Per quelle notti, tornano alla mente gli editoriali della Gazzetta. Quelli e non solo quelli, ma in notti così, forse, vale la pena di accendere il walkman, e se dopo Imaginations from the other side sentirete Until we rise again non chiedetevi il perchè.
Di spiegazioni razionali non ce ne sono mai state.

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