Friday 23 February 2007

One just escapes... one's left inside the well

Non avevo considerato la quarta ipotesi. Meglio: era stata considerata, ma si preferiva non pensarci, perchè anche il più instancabile dei pessimisti alle volte ha come un moto di ribellione di fronte a quelle sue previsioni sempre nere, negative e venate di gioie mai destinate a compiersi.
E così l'ipotesi più triste era stata scartata. Del resto, l'assenza di messaggi, di chiamate, di riscontri sul suo passaggio per questa città schifosa e traditrice avrebbe fatto meno male. Più rabbia, più mistero, più possibilità di tenere il broncio contro qualcuno, ma sicuramente non quel senso di impotenza di fronte ad un fato che ancora una volta si presenta carico di tristezza.

Il messaggio è arrivato alle 12:43. Stranamente, o forse no, ho capito subito che era lei. Queste sensazioni un senso ce l'avranno anche, mi viene da pensare: ma è il pensiero di chi sa di avere perso e cerca di consolarsi con giustificazioni che immediatamente, a chi le ascolta, appaiono per ciò che sono: deboli, dannatamente deboli.

Questa settimana di attesa, bella perchè impregnata comunque di un'aspettativa reale, è finita oggi, alle 12:46, quando quel messaggio l'ho letto. E che era finita l'ho intuito immediatamente, perchè certe cose, lo si diceva qualche riga più sopra, si intuiscono al volo, non c'è bisogno della prova insindacabile dello svolgimento dei fatti. Non riporto il testo del messaggio per il rispetto della privacy, dato che in questo mondo assurdo forse ci è rimasto solo questo, e a volte nemmeno. Il significato, però, è chiarissimo anche senza usare quelle subdole virgolette.

Non ci incontreremo. Lo sapevo da subito, eppure avevo cercato di dirmi che l'Uomo dalle Previsioni Sicure, quello di Brizzi per intenderci, poteva ancora una volta essere spazzato via. Fosse anche l'ultima, ci speravo, in un modo tutto mio. E invece.
E invece lei arriva a Milano alle 22 di stasera, e domani mattina partirà presto per la Russia. L'ora, quella, non mi è stato lasciato il tempo di conoscerla, perchè, con quella timidezza che la contraddistingue, lei si è subito affrettata a dire che le dispiace, ma l'orario è off limit. Troppo tardi, mi è stato riferito.
Al mio messaggio, che la informava che le 22 non sarebbero state un problema, non è arrivata risposta, ma già lo sapevo. Ben più grave è il fatto che io non sappia tuttora se quel 340 da cui è arrivata la stangata sia il suo o quello di un amico di Verona. Ergo, potrei anche aver perso tutte le comunicazioni, e se così fosse ci sentiremo lunedi su Skype. Come sempre, come la normale routine che però a questo punto non ha più niente da aggiungere a quello che già sappiamo.

E la beffa colossale è che adesso, per incontrarla, sarò io a dover andare a Mosca. Come stavo programmando. Un viaggio a Pasqua, ma sono soldi, tanti soldi, e il rischio è quello di emigrare da solo in una Russia che sarebbe ostile, ghiacciata e poco attraente. Vedrei lei, ma al prezzo di 300 euro e anche più. Non so nemmeno se al momento di partire potrei permettermela, una cifra simile.

Punto alla storia, quindi. E certo il pranzo di poco fa non mi ha per niente aiutato a smaltire una delusione che, se pure non raggiunge certi livelli toccati in periodi non sospetti, brucia, fa male e manda nel canonico pacco, più che altro per l'enorme aspettativa tradita. Punto alla storia e tanti saluti alla russa, e ancora una volta lo scenario si presenta con il sottoscritto deluso e la realtà che presenta il conto. Di soldi io ne ho sempre: il dazio mi tocca pagarlo ogni volta, e mi fa rabbia, se penso a certi sfigati e poveretti che si raffigurano come eroi italici dal curriculum altisonante, unicamente perchè a loro non è mai capitato di dover essere travolti da un autobus a due piani in piena corsa (questa è una citazione, ma poco importa).

Odio Milano. Odio questa città, queste strade, queste piazze luride. Odio il freddo che viene fuori dalle fessure dei palazzi grigi e tristi come nessun'altra cosa al mondo. Odio Milano, perchè Milano non ha un'anima. Non ha la capacità di ricordare che può avere ad esempio una Perugia. Non ha il calore dell'accoglienza di Varese. Non ha la nostalgia che ti riempie il cuore di Lisbona. Milano ha un buco nero nel mezzo che inghiotte tutto e cancella ogni traccia di esperienze belle o brutte che fossero. Milano è l'oblio dei sensi. Milano è la spersonalizzazione di tutto. Milano è rimasta agli anni Settanta, gli anni delle ribellioni, gli anni della rivolta in nome di un potere che dà fastidio: chi spara meglio vince la partita, e il giorno dopo nessuno ne sa niente.

Che peccato, che tutto debba finire così. Non era iniziato niente, del resto, e forse finire non è la parola esatta; ma il peccato, quello, rimane immutato e immutabile, figlio di nemmeno io so bene cosa. Ma la Milano che sentivo a me vicina nei sentimenti e nelle sere universitarie non esiste più, e credo che, a ben guardare, non sia mai esistita. Oggi l'ufficio è spento, e non vedo come potrebbe essere altrimenti.

Addio dunque, ottava settimana dell'anno, che tanti scenari avresti potuto aprire, e che alla fine dei giochi hai chiuso tutto. Stavolta dal cassetto buio della storia non è stato trovato nemmeno lo straccio di un biglietto di scuse.

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